Biografie Costaioli
Luca Albino
Maiori 1854-1952
Albino iniziò a frequentare da giovanissimo lo studio del pittore Raffaele D’Amato, per poi iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Terminata quest’esperienza, verso il 1910, si trasferì in Argentina, dove rimase colpito dagli intensi colori di quei tramonti infuocati. Nel 1920, fece ritorno in Italia, e da questo momento cominciò la sua vasta produzione artistica. Fu uno dei maggiori pittori della Costa Amalfitana del XIX e XX secolo assieme a Luigi Paolillo, Angelo Della Mura e Antonio Ferrigno. I suoi dipinti, da lui stesso definiti “bombe di sole”, raffiguravano angoli pittoreschi della costiera e scene di vita quotidiana, come i molti mercati e pescatori.
Nel 1925 partecipò ad una mostra collettiva a Salerno e ne organizzò una personale a Milano. Nel 1927 espose alla prima e nel 1933 alla seconda Mostra d’Arte fra gli Artisti del Salernitano. Nel 1935 era presente alla Mostra d’arte di Positano. Nel 1937 e nel 1942 partecipò rispettivamente alla prima e seconda Mostra del Sindacato Provinciale Fascista Belle Arti di Salerno.
Gaetano Capone
Maiori 1864-1920
Figlio del pittore maiorese Luigi, Gaetano Capone, si formò artisticamente prima a Napoli e poi a Roma. Qui fu allievo di Cesare Fracassini con il quale collaborò agli affreschi della basilica di S.Lorenzo fuori le mura. Dopo la morte di Fracassini, nel 1868, fece ritorno nella terra natìa. Qui inizia un’intensa produzione artistica inerente alla Costa d’Amalfi che è caratterizzata dai toni morbidi e dalle calde mezze tinte, tipiche del gusto di metà Ottocento. Capone usa la pittura come “racconto quotidiano”.
Seguì la sua scia una nutrita schiera di pittori i quali vennero soprannominati successivamente “Costaioli” .
L’esperienza romana si riflette nelle opere realizzate successivamente per la collegiata di S. Maria a Mare a Maiori, per la Badia della S.S. Trinità di Cava dei Tirreni, per le chiese di S. Quirico a Fisciano e dell’Assunta a Casalvelino. Alcune sue opere murarie, datate 1895, sono presenti nella sala adibita a pretura nel Chiesa del S. Rosario a Maiori.
Luigi Crisconio
Napoli 1893 – Portici 1946
Luigi Crisconio nacque a Napoli il 25 agosto del 1893, da Francesco e Annamaria Calise. Nel 1911 perse il padre e gli subentrò nella conduzione della cartoleria di cui era proprietario. Ma la sua vocazione era la pittura: arrivava ad allontanare i clienti che lo interrompevano mentre dipingeva. Nel 1913 si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Napoli, spinto dalla madre, da Vincenzo Serpone, commerciante di arredi sacri e pittore dilettante, e da Luigi a Enrico De Marinis, allora Ministro della Pubblica Istruzione. L’ammirazione verso Michele Cammarano, titolare della cattedra di pittura di paesaggio, il cui insegnamento fu determinante nella sua formazione, lo spinsero a diplomarsi nel 1919. Pur muovendo i primi passi nel solco della grande civiltà pittorica meridionale affine al vedutismo di tradizione, egli si distaccò dai contenuti ad essi collegati per conquistare un linguaggio autonomo e schiettamente contemporaneo.
Nel 1927 conobbe Elisabetta Amato di cui si innamorò perdutamente per poi sposarla nel 1936. Ella divenne la sua modella, riprodotta in una lunga serie di opere, alternate a numerosi autoritratti, paesaggi e nature morte. Nella pittura di Crisconio si può notare un’affinità con l’ultimo Cèzanne
Le opere di Crisconio non ebbero fortuna nel mercato collezionistico napoletano, marcatamente tradizionalista. Il 27 gennaio 1946 morì prematuramente a Portici, a causa di una congestione cerebrale. Dopo la sua morte ricevette da parte della critica quell’attenzione che non aveva ricevuto in vita. Dopo un ulteriore periodo di oblio, negli ultimi decenni è in atto una rivalutazione dell’artista, che è stato considerato da alcuni come il più grande pittore napoletano del XX secolo.
Renato Guttuso dirà: “Crisconio è una voce di cui va dato conto nella pittura dei primi quarant’anni di questo secolo, una voce più forte di altre, più pura e più vera, anche se non fu futurista, metafisico o altro, ma solo una vero pittore, legato agli uomini che conosceva, alla terra, alle cose, al paesaggio che conosceva” .
Le opere di Crisconio vantano la partecipazione a numerosissime mostre, soprattutto dopo la sua morte: Milano, Biennale di Venezia, Roma, esposizione universale di Barcellona, Napoli, Varsavia, Sorrento.
Antonio Ferrigno
Maiori 1863 – Salerno 1940
Fu iniziato all’arte pittorica da Giacomo Di Chirico. Si diplomò all’Accademia di Belle Arti di Napoli, per poi trasferirsi in Brasile nel 1893. Ferrigno rimase in Sud America per dodici anni: visse a San Paolo, dove venne soprannominato il pittore del caffè. Nel 1905 tenne un’ultima mostra oltreoceano, per poi ripartire e stabilirsi definitivamente a Salerno.Le sue opere brasiliane erano incentrate attorno al tema del caffè poiché frequentò il mondo dei fazenderos, i ricchi proprietari terrieri locali, per i quali dipinse spesso opere su commissione. Questi quadri furono esposti a Parigi nel 1900, ed ebbero visibilità in numerose mostre ed esposizioni internazionali. Le opere brasiliane di Ferrigno sono rilevanti non solo per il loro valore artistico, ma anche per il loro aspetto documentario, poiché ripropongono nel dettaglio la vita delle piantagioni di caffè brasiliane all’indomani dell’abolizione della schiavitù (1888), in un periodo in cui gran parte della forza lavoro era composta da emigranti italiani. Tra il 1900 e il 1904 Ferrigno si spostò nell’entroterra dello Stato di San Paolo, vivendo ospite delle piantagioni di Victória e Santa Gertrudes. La piantagione di Santa Gertrudes era un insediamento modello, dotato di luce elettrica e telefono, due elementi che compariranno in alcune opere realizzate in questo periodo. Lo stile di Ferrigno si rifà a quello delle sue terre di origine, e subisce l’influsso delle tecniche compositive e coloristiche dei “Costaioli” della Scuola di Maiori. In Sud America acquisì un particolare gusto per i colori della natura, che rimase una sua cifra stilistica, anche al ritorno in patria, che caratterizza anche le opere degli anni venti, in particolare le tele dedicate ai rigogliosi giardini di Villa Rufolo di Ravello. L’opera di Ferrigno è stata oggetto di una retrospettiva tenutasi nel 2005, al centenario del trasferimento in Italia, presso la Pinacoteca do Estado de São Paulo.
Luigi Paolillo
Maiori 1864 – Vietri sul Mare 1934
Luigi Paolillo, nacque a Maiori da una modesta famiglia che, a causa delle ristrettezze economiche lo indirizzò da giovanissimo alla vita ecclesiastica. Ben presto però abbandonò questa strada per la vocazione pittorica. Cominciò così l’apprendistato dapprima presso lo studio di Gaetano Capone e in seguito in quello di Raffaele D’Amato. All’età di diciassette anni si trasferì a Napoli, dove studiò all’Accademia di Belle Arti. Nel 1890 decise di trasferirsi in Argentina, a Buenos Aires, per poi ritornare in Italia nel 1903. Un nuovo viaggio in Argentina lo compì dal 1907 al 1913, data di un nuovo ritorno in Italia, con dimora a Salerno. Nel febbraio di quell’anno fu ricevuto dal Re, al quale donò una collezione di foto delle sue opere eseguite nel soggiorno nella Terra del Fuoco. Ma i suoi viaggi non erano ancora terminati: ripartì infatti per l’America nel 1921. Qui espose a New York, Filadelfia, Montevideo e Cincinnati. Nel 1929 fece ritorno definitivo in Italia, sposandosi e stabilendosi a Vietri sul Mare, ove rimase fino alla morte.
Fu uno dei maggiori pittori della Costa Amalfitana del XIX e XX secolo assieme a Luca Albino, Angelo Della Mura, Antonio Ferrigno. I suoi dipinti sono pervasi da una luce che, morbida e nostalgica, infonde calore anche a quei paesaggi di grandi ammassi di ghiaccio.
Pietro Scoppetta
Amalfi 1863 – Napoli 1920
Dedicatosi inizialmente agli studi di architettura, li abbandonò per formarsi artisticamente sotto la guida di Giacomo Di Chirico.
Residente a Napoli a partire dal 1891, ebbe occasione di vivere in un clima di forti movimenti di evoluzione culturale, dando prova di grande talento soprattutto nella rappresentazione della natìa costa di Amalfi e della Valle dei Mulini. Con le sue opere partecipò a diverse esposizioni della Società Promotrice di Napoli.
Con la nascita di eleganti punti di aggregazione culturale, quali il café-chantant, Salone Margherita e il Caffè Gambrinus ebbe la possibilità di mostrare le proprie capacità pittoriche, insieme ad altri pittori di punta dell’ambiente napoletano dell’epoca. Lavorò come illustratore per le riviste la “Cronaca partenopea”, “La tavola rotonda” e l’Illustrazione Italiana, operando alle dipendenze della casa editrice Treves.
Pur godendo di un successo commerciale e di critica, che lo portò ad avere in qualità di estimatori delle sue opere il re Umberto I ed il principe di Sirignano, Scoppetta decise di lasciare l’Italia alla volta dell’estero, e soggiornò a lungo a Londra e a Parigi.
Nella capitale francese, dove dimorò tra il 1897 e il 1903, si inserì nella folta schiera di pittori partenopei attratti dalle suggestioni borghesi della Belle Epoque, inserendosi nel filone di artisti italiani filoimpressionisti, dei quali fu grande precursore Giuseppe De Nittis.
Dall’esperienza francese ritenne elementi importanti dell’impressionismo, che fece confluire ed amalgamò nella sua tecnica pittorica con le tinte vivaci della scuola napoletana.
Nella rappresentazione della vita borghese parigina individuava gli elementi di ottimismo e di tensione al futuro che più si addicevano alla sua indole (raffigurazioni di donne eleganti, ritratte in ambiente signorile e impressioni urbane ).
Alla sua morte, la Biennale di Venezia del 1920 gli dedicò una sala personale dove furono esposti trentacinque dipinti.
Ultimo aggiornamento
24 Ottobre 2024, 10:10